“Provare amore per il cibo è il modo più personale e meno astratto di
essere ambientalisti”
I nostri tempi sono caratterizzati
da una grande frenesia che impone ritmi pesanti, accelerati e difficili da
sopportare. La fast life permea ogni aspetto della nostra vita, persino
l’alimentazione, condizionando i tempi e la qualità; i nostri pasti
assomigliano sempre più spesso a “soste di rifornimento” piuttosto che a
piacevoli momenti conviviali, si consumano in fretta ed a volte anche da soli
(Laudonia, 2004).
Diventa più frequente per le
famiglie riunirsi nei fast food dove il pasto medio dura circa undici minuti;
gli americani, ad esempio, dedicano ai pasti pochissimo tempo (circa un’ora al
giorno) e sono la popolazione che acquista la maggior parte di cibi precotti.
Nel 2001 hanno speso più di centodieci milioni di dollari in fast food; essi
spendono, per questo bene di consumo, più che per l’educazione, pc, libri,
automobili messi insieme (Schlosser, 2002).
In questo articolo verranno
confrontate due filosofie della ristorazione: il fenomeno Fast Food, come elogio della velocità, ed il fenomeno Slow Food, promotore del messaggio
“mangiamo bene, sano, di qualità e con calma”.
Preferire un sistema piuttosto
che un altro è una questione legata ad una scelta individuale ed allo stile di
vita della persona, che a loro volta possono variare a seconda della cultura,
dei ritmi dettati dalle modalità di lavoro e dall’impostazione della propria
quotidianità.
Il fenomeno Slow Food
Slow food è un movimento
internazionale democratico, culturale, di promozione sociale e di formazione
dell’individuo basato sull’adesione volontaria di persone che intendono
coltivare comuni interessi di carattere culturale nel campo dell’alimentazione.
Esso opera per la tutela del diritto al piacere, per il rispetto dei ritmi di
vita e per un rapporto armonico con la natura (Statuto Internazionale, 2003).
Il movimento Slow Food è nato a
Parigi nel 1989 come risposta al dilagare omologante del fast food ed alla
frenesia della fast life; esso
infatti si contrappone alla tendenza alla standardizzazione del gusto,
rivendica l’assunzione di un nuovo senso di responsabilità nei confronti della
produzione e del consumo del cibo, si dimostra più attento alla salvaguardia
dell’ambiente ed alla qualità dei prodotti (Petrini, Padovani, 2005) ed infine,
difende la necessità di informazione da parte dei consumatori nel mondo.
La sede principale è a Bra, in
Piemonte, mentre le altre sedi sono state aperte in Svizzera (1995), in
Germania (1998), negli Stati Uniti a New York (2000) e in Francia a Montpellier
(2003).
Tra gli aspetti fondanti la filosofia Slow Food va menzionato
l’Educazione al Gusto: Slow Food si propone di formare nuovamente la sfera
sensoriale dell’uomo che si è impoverita; le nuove generazioni in particolare
rischiano di perdere insieme ai legami con il territorio ed al rapporto con le
stagioni, il senso stesso dell’atto nutritivo, le sue valenze salutari e
culturali. Questa attività di educazione alimentare e del gusto si basa:
- sul risveglio e l’allenamento dei nostri sensi;
- sulla degustazione come esperienza formativa e di
conoscenza anche di se stessi;
- sull’apprendimento delle tecniche produttive del cibo per capire come nascono le qualità di un prodotto e quanto siano ancora importanti i procedimenti tradizionali e la loro varietà.
Il fenomeno Fast Food
Oggi, esistono locali e metodi
d’alimentazione che ci consentono di soddisfare il bisogno di mangiare senza
un’eccessiva perdita di tempo; questi luoghi vengono definiti Fast Food e sono
diventati un elogio della velocità.
Essa si contrappone alla lentezza di quei pranzi lunghi, ricchi di portate, che
spesso risultano essere monotoni ed inutili, quindi è intesa come velocità del
servizio che permette allo stesso tempo di gustare velocemente una pietanza.
Dai primi anni Novanta, molti
italiani, soprattutto gli adolescenti, prediligono il fast food come tipo di
ristorazione. Molto spesso, esso diventa un punto di ritrovo, così come
accadeva nel telefilm “Happy Days” alla tavola calda di Arnold’s.
Il modello classico di Fast Food si
basa essenzialmente su hamburger e patatine, ma in Italia, esistevano già fast
food che servivano panini caldi da passeggio che riproponevano le tradizioni
regionali: ad esempio, a Firenze, è possibile trovare i carrettini dei trippai
dove primeggiano cibi come il panino al lampredotto (settore dell’apparato
digerente dei ruminanti), le budelline agnellate o l’inzimino di trippa; a
Napoli, invece, è abitudine, mangiare per strada, la pizza ripiegata in quattro
oppure il cosiddetto morzeddu cantarese (interiora di vitello cotte in un sugo
piccante servito in una ciambella di pane morbido).
Oggi, vanno affermandosi altri
tipici modi di pranzare velocemente e con gusto; la gastronomia italiana, ad
esempio, propone oltre la pizza, le torte salate o il gelato che si prestano a
molte variazioni di gusto e che possono essere consumate velocemente; esistono
pranzi veloci preparati a base di sandwiches contenenti vari alimenti che, in
termini nutritivi, possono essere paragonati ad una dieta tradizionale (ad
esempio un sandwiches con all’interno una frittata di verdure).
Infine, esistono anche i Mozzarella
Wine Bar, che offrono piatti veloci ispirati alla cucina tradizionale come la
caprese, la pasta all’uovo ripiena, accompagnati da vino genuino e da macedonia
di frutta (www.fastfood-slow food.it).
Le strategie di
marketing Slow Food
Il logo
Il logo del movimento internazionale Slow
Food è rappresentato da una chiocciola
stilizzata, simbolo per antonomasia della lentezza. Slow Food ricorre ad
essa proprio per sottolineare i punti salienti della “filosofia slow” ossia, la
rivendicazione del diritto al piacere conviviale opposto all’omologazione del
fast food, il recupero del valore della lentezza: “lento è gusto, la nuova
tavola è lenta e gustosa, fatta di prodotti tipici ed assaporati senza fretta.
Meglio se in compagnia”.
La rappresentazione del cibo
Nelle pubblicità Slow Food, il cibo
è in primo piano. Le immagini dei singoli prodotti sono talmente nitide che
sembra quasi possibile immaginarne il sapore; la freschezza e la qualità
appaiono indissolubili dal prodotto stesso; l’esaltazione dei colori diventa
fondamentale per comunicare le proprietà organolettiche.
Attraverso le sue pubblicità ed i
suoi annunci, Slow Food ci fa diventare consumatori consapevoli a partire dalle
materie prime che utilizziamo o mangiamo; alcuni semplici alimenti, di cui ci
nutriamo, si portano dietro un carico di storia ed una infinità di simboli che
spesso ignoriamo. Ad esempio, la zucca, a cui noi associamo il significato di
stupidità, in alcune società africane è molto ricercata perché i suoi semi
procurerebbero intelligenza, altre tradizioni la utilizzano come strumento
musicale (Failoni, 2004); il dizionario Zanichelli (2004) fa derivare il
termine “zucca” da “cocutia” che significa “testa”; inoltre, questo alimento ci
consente di mangiare succulenti tortelli di zucca, simbolo e vanto gastronomico
del mantovano. Tutte queste informazioni attribuiscono ad un alimento, che
molti di noi considerano banale, un’immagine più importante che sicuramente
andrà ad influire sul desiderio d’acquisto di un prodotto a base di zucca. La
stessa headline “L’intelligenza della zucca” (Failoni, 2004), dimostra che
l’obiettivo di Slow Food è quello di attribuire dignità culturale alle
tematiche del cibo.
Gli slogan dei messaggi pubblicitari
ricorrono a cinque delle sei funzioni linguistiche elaborate da Jakobson:
metalinguistica (es. “A tavola piano…piano”), estetica (es. “Master of food: il
giro del gusto il ventitre corsi”), denotativa (es. “Guida alla salvaguardia
del gusto”), fàtica (es. “L’arte del piacere”), espressiva (es. “Una Terra, Tre
Anime”); è assente la funzione imperativa, probabilmente perché l’amore per il
gusto non può e non deve essere imposto da nessuno tanto meno da un messaggio
pubblicitario.
La maggioranza dei messaggi
pubblicitari, per avere un migliore effetto suggestivo, presenta contenuti
razionali ed emotivi: la headline ed il visual, che hanno il compito di
richiamare l’attenzione, fanno leva soprattutto sull’aspetto emotivo; il
linguaggio deve essere suggestivo, fresco, non deve risultare monotono; le
frasi sono preferite brevi ed uniconcettuali (Medici, 1952). La bodycopy invece
presenta argomentazioni razionali centrate sulla qualità e sulle
caratteristiche del prodotto.
Le figure retoriche più utilizzate
sono: la metafora (“Lasciatevi prendere per la gola”), la ripetizione (“I
grandi usano una grande acqua”), l’enumerazione (“Puro Cotto e nient’altro”),
la metonimia (“Norvegia al forno”), l’ossimoro (“Piccoli, grandi gesti
tramandati nel tempo”), il luogo comune (“L’arte del piacere”), l’iperbole (“La
più grande invenzione degli ultimi mille anni nasce in Pianura Padana).
Considerando il codice iconico, la
categoria topologica più utilizzata per la rappresentazione del cibo è di tipo
assiale ossia il prodotto è visibile al centro. La categoria cromatica è
indispensabile; essa non si limita a comunicare soltanto la qualità del
prodotto, ma anche i valori della quotidianità.
La pubblicità proposta da
“Sangiolaro Biò. Pesce del Mediterraneo” presenta un tagliere di vari prodotti
a base di pesce, due fette di pane, un coltello ed infine barattoli che fungono
da sfondo. Il codice linguistico si limita ad esplicitare il marchio ed i tipi
di prodotti che questo offre ad esempio “Cipolle di Tropea con cuore di tonno”;
appare una delle parole-fuse più usate dai pubblicitari: “cuore” che ha lo
scopo di attirare l’attenzione (Puggelli, 2000); il codice iconico invece
comunica i valori associati al marchio: freschezza, possibilità di scelta,
gusto, tradizione, amore per il cibo cioè tutto ciò che Slow Food si propone di
diffondere.
I colori dei prodotti sono ricchi di
sfumature così come la natura ce li offre e come deve essere fondamentale per
un prodotto di qualità; il colore rosso dei coperchi dei barattoli e dei
pomodori a pezzetti, comunica per metonimia sole del Mediterraneo, Italia,
natura; le gradazioni del colore dell’olio, che ricopre le cipolle e le olive,
comunicano sapore, gusto, qualità ed indicano anche gesti quotidiani che
avvengono nelle mura domestiche come assaggiare qualche delizia, accompagnata
da fette di pane casereccio, senza preoccuparsi di ungere il tagliere.
La rappresentazione delle bevande
La maggioranza dei messaggi
pubblicitari riguardanti i vini utilizzano un linguaggio soprattutto estetico
ed emotivo (o fatico). I valori comunicati sono fondamentalmente la passione
per il vino, l’amore per la terra, la tradizione, l’arte, la cultura.
Il codice linguistico presenta
soltanto il brand name e la headline; Il linguaggio verbale è quasi subordinato
a quello visivo infatti la bodycopy è spesso assente. Il codice iconico invece
è essenziale, poiché è in grado di comunicare con molta espressività ed in modo
immediato.
Un ulteriore aspetto fortemente
usato dalle pubblicità Slow Food è l’inserimento di funzioni poetiche
all’interno del linguaggio per sfruttare il prestigio e la forza d’attrazione
della lingua poetica.
Una testimonianza lampante ci viene
offerta dal marchio “Terredavino”; esso propone un moscato passito chiamato “La
bella estate”. Questo titolo sfrutta la notorietà di un’opera di Cesare Pavesi
intitolata anch’essa “La bella estate”; inoltre il messaggio pubblicitario
relativo a questo vino, presenta sullo sfondo anche alcuni versi del romanzo.
Tra le categorie eidetiche, sono
ricorrenti le linee curve delle bottiglie di vino, dei bicchieri che lo
contengono; esse indicano femminilità e dolcezza e molto spesso questi concetti
sono rafforzati mediante la presenza di donne-testimonial.
Un tema ricorrente è quello del rapporto
uomo-natura, infatti, oltre alla bottiglia di vino, spesso vengono
rappresentati i vigneti e le colline.
I colori più frequenti in queste
rappresentazioni sono il nero o il bianco che fungono da sfondo per mettere in
primo piano la bottiglia o il calice del vino, oppure il nero ed il dorato
della bottiglia che comunicano eleganza ed intensità; il rosso indice di
passione ed energia, il giallo per comunicare positività e dinamicità.
Le pubblicità di acque comunicano a
differenza di quelle relative ai vini, valori di purezza, limpidezza e
leggerezza. Questi concetti sono ovviamente sostenuti e rafforzati da colori
chiari come il bianco, l’argento, il verde.
Tutti i prodotti pubblicizzati da
Slow Food hanno in comune un valore: il prestigio. Un prodotto prestigioso
generalmente richiede un lungo impegno da parte di chi lo produce, amore per il
proprio lavoro, cura dei minimi particolari ed infine un giusto compromesso
qualità/prezzo (inoltre un prezzo elevato rafforza l’immagine di un prodotto di
qualità). Lo slogan “Non Si Fabbrica, Si fa” (Parmigiano Reggiano) è un esempio
di come il marchio voglia comunicare al suo target questi valori.
Una caratteristica ricorrente, nella
maggioranza delle pubblicità Slow Food, è l’assenza di forme verbali nella
headline, es. “Vino moderno ed elegante”, “Legame indissolubile”, “L’essenza,
la mia terra, il mio vino”, “Alle cene importanti, occhio all’etichetta”; quando,
invece, sono presenti, essi mirano ad evocare un’immagine o una sensazione,
inducendo il consumatore a riflettere piuttosto che ad agire; ad esempio
“Coltiviamo la passione”, “Piccoli grandi gesti tramandati nel tempo”, “Quando
l’amore cresce”. Questi slogan comunicano e celano, allo stesso tempo,
l’esistenza di un “legame nostalgico” con il prodotto; un legame fatto d’amore,
di dedizione e d’impegno. Tale legame, a sua volta, rafforza l’immagine di
prestigio dei prodotti.
Le strategie di marketing Fast Food
I loghi
Il logo
impiegato da McDonald’s è rappresentato da una “M” gialla ossia l’iniziale del
nome del marchio e dei proprietari che l’hanno fondata; esso ricorda anche la
forma di due archi, che potrebbe significare che c’è un tetto che può ospitare
chi ha bisogno di un pasto buono e veloce. Il suo colore, il giallo, comunica
positività, solarità, quasi fosse un posto accogliente che ci sorride, lo sfondo
invece è rosso come il tetto dei punti ristoro ed è utile per attrarre lo
sguardo e comunicare energia non solo ai giovani ma anche alle famiglie.
Lo slogan “I’m lovin’it” che
significa “Sono innamorato di esso” svolge una funzione di contatto (o fàtica);
esso infatti si prefigge di evocare una sensazione, un sentimento. Il processo
di persuasione fa leva sulla riprova sociale: lo scopo è quello di persuadere
il target esplicitando quale sia il coinvolgimento emotivo degli altri mentre è
implicito quale sia il loro comportamento.
Il logo utilizzato da Burger King,
invece, vuole ricordare la forma di un hamburger; l’attenzione è calamitata
subito dal messaggio linguistico “Burger King” che s’impone prepotentemente tra
i due mezzi panini sostituendosi alla carne; la forma sferica del marchio però
potrebbe anche assomigliare a quella del pianeta Terra dove Burger King si
espande; il nome, che significa “carne da Re”, comunica grandiosità o meglio
grandezza, una caratteristica fondamentale degli hamburger che questo marchio
offre al suo target; il colore rosso, con il quale è stampato il brand name, è
il colore dell’energia adatto ai giovani mentre la sua tonalità scura indica
versatilità del prodotto in quanto rivolto ad un consumo maschile e femminile;
infine l’abbinamento con il blu ed il giallo conferisce dinamicità.
Lo slogan “La nuova generazione del
gusto” è intriso di energia. Esso vuole comunicare tre concetti importanti:
novità e gusto al servizio dei giovani; il marchio infatti si propone di venire
incontro alle esigenze della nuova generazione attraverso nuovi gusti e sapori.
La rappresentazione del cibo
Se le pubblicità Slow Food,
orientano il target “a riflettere” sul valore e sul prestigio, le pubblicità
fast food presuppongono un ruolo più attivo, invitandolo a compiere un’azione,
ad esempio: “Provalo in ogni menu”, “Gusta la convenienza”.
La scelta del nome del prodotto da
pubblicizzare è un passo fondamentale. Esso possiede generalmente una chiarezza
semantica in grado di veicolare tutti i connotati possibili: ad esempio, la
novità di McDonald’s, “Salads Plus” chiarifica non solo il tipo di prodotto
lanciato sul mercato (cioè l’Insalata) ma cerca di evocare una serie di
significati grazie al secondo referente; “plus” infatti significa “quantità
positiva” ed associato al nome salads potrebbe significare che la quantità
della porzione è:
- positiva dal punto di vista nutrizionale perché
contiene un mix di ingredienti (insalata più);
- positiva perché è anche gustosa;
- positiva per chi ama la leggerezza.
Il referente che viene impiegato con
più frequenza nei messaggi pubblicitari è “gusto”, un valore essenziale per le
catene di ristorazione, ad esempio:
- “un salto
nel gusto”;
- “gusta la convenienza”;
- “offerta doppio gusto”;
- “great taste”;
- “un gusto rotondo e sempre diverso”;
- “le orticelle per chi gusta le verdure”.
Burger King propone anche un altro
valore: la grandezza. Questo concetto evocato già dal brand name, viene
personificato da un hamburger chiamato “Whopper”, termine che può essere
tradotto in “enormità” caratteristica fondamentale del prodotto; ma whopper significa
anche “fandonia”, si tratta di una delle figure retoriche più utilizzate in
pubblicità ossia l’ironia che agisce come un gioco provocatorio in cui il
pensiero che si vuole comunicare viene sostituito da uno di senso contrario
(potrebbe sembrare una fandonia l’offerta di un hamburger così grande!).
Altre figure retoriche impiegate
dalle pubblicità fast food, sono l’iperbole, la personificazione, la metafora;
l’iperbole, attribuisce al linguaggio coloriture d’espressione molto efficaci:
ad esempio “Hot Chili Hamburger…per chi
ha il diavolo in corpo” è uno slogan di Burger King per il lancio sul mercato
di hamburger con salsa hot chili e peperoncino. Il linguaggio in questo caso
svolge una funzione fàtica per evocare una sensazione così come si propone la
headline “Piccante Tentazione”.
La categoria topologica utilizzata è
fondamentalmente di tipo assiale; fanno eccezione i messaggi promozionali che
ricorrono invece ad una struttura sequenziale soprattutto quando la promozione
riguarda più prodotti.
Le categorie eidetiche utilizzate
possono variare a seconda del prodotto e del packaging. Le forme tondeggianti,
che conferiscono morbidezza, sono onnipresenti: a partire dagli hamburger che
appaiono morbidissimi, fino ad arrivare ai pomodorini (interi) presenti nelle
insalate o nei vassoi che le contengono. Invece, i packaging degli snack
prediligono le linee dritte che in questo caso comunicano resistenza, la loro
dimensione inoltre consente sempre di mettere in evidenza il prodotto
contenuto, rafforzando l’illusione di un maggior volume; le patatine infatti
sembrano traboccare.
I colori impiegati nei messaggi
pubblicitari vengono adattati conformemente all’alimento; ad esempio, se si
pubblicizza un tipo di insalata, lo sfondo sarà verde o giallo per richiamare
alcuni valori come freschezza e natura. Nell’annuncio pubblicitario “Le
Orticelle” proposto da Spizzico, sono visibili tante zucchine verdi che fungono
da sfondo, il logo di Spizzico formato da carote di colore arancio, mentre in
basso appaiono gli ortaggi pastellati; infine, il messaggio di tipo linguistico
è scritto in bianco. Il cromatismo impiegato, inoltre, rinforza il carattere di
italianità già sotteso dal marchio.
Analizzando l’impiego della retorica
anche nel codice iconico, possiamo assistere a:
- trasformazione della metafora in metamorfosi
(Fabris, 1994) come testimoniato dall’omino fatto di verdure che si butta
nell’insalata;
- personificazione come l’uomo McDonald’s (Ronald) o
l’euro animato presente in una recente pubblicità di McDonald’s.
Alcune promozioni sono rivolte
soprattutto ai bambini; esse fanno ricorso generalmente ad elementi aggiuntivi
ad un menu completo al fine di spingere i clienti all’acquisto: ad esempio, gli
Happy Meal di McDonald’s contengono personaggi Disney, i Kids Meals sono menu
contenenti altri giochi. Queste promozioni utilizzano la tattica del “numero
limitato” cioè avvertono la clientela che le scorte di gadget sono in via di
esaurimento (regola della scarsità). Invece, le promozioni che utilizzano
buoni-sconti, ricorrono alla tattica dell’offerta valida per pochi giorni.
La rappresentazione delle bevande
non è oggetto di attenzioni come nelle pubblicità slow food; generalmente
vengono presentate nei menu, in abbinamento agli altri prodotti e raffigurati
sempre allo stesso modo cioè in bicchiere con ghiaccio e cannuccia e posti
sempre sullo sfondo, dietro agli alimenti.
Il processo di persuasione delle
pubblicità fast food attiva essenzialmente un percorso periferico; inoltre,
esse cercano spesso di creare il cosiddetto “Effetto Bandwagon” cioè
l’impressione che tutti siano a favore dello stesso “oggetto” (Pratkanis,
Aronson, 1996): è il caso di quelle immagini che illustrano la folla di giovani
e famiglie che entusiasti, si rivolgono a questo tipo di ristorazione.
Le forme verbali
impiegate da Slow Food, invitano il consumatore a “riflettere” affinché sappia
cogliere tutti i valori che il marchio intende trasmettere, mentre quelle
utilizzate dai Fast Food presuppongono un ruolo più attivo, dinamico; il
consumatore viene invitato, direttamente o indirettamente, ad assaggiare le
novità. In questi casi, la funzione del linguaggio è soprattutto imperativa in
quanto suggerisce al target quale sia il comportamento da assumere.
I colori impiegati sono
fondamentalmente gli stessi, fatta eccezione per le rappresentazioni in bianco
e nero utilizzate da Slow Food; inoltre, nelle pubblicità Slow Food, la
rappresentazione delle bevande è oggetto di attenzioni come per le
rappresentazioni del cibo mentre quelle reclamizzate dai Fast Food rivestono un
ruolo secondario anche perché la gamma delle bevande è abbastanza limitata.
Il ricorso a testimonial è più
frequente nelle pubblicità Slow Food, pur restando comunque limitato.
Una caratteristica esclusiva dei
Fast Food invece è l’impiego di gadget per indurre il consumatore all’acquisto.
Le differenze fondamentali
riscontrate sono legate strettamente alla filosofia del marchio. Slow Food è
un’Associazione che opera per la tutela del diritto al piacere e per la
salvaguardia della qualità dei prodotti. L’immagine che ne deriva è
impreziosita da tutto ciò che fa da contorno (eventi, Presidi, mostre, ecc.).
Le catene dei Fast Food puntano il
loro successo sull’offerta di prodotti alla portata di tutti, quindi siamo di
fronte ad una perenne lotta sul mercato. Ad esempio, McDonald’s lancia nove
prodotti, ognuno al prezzo di un euro e Burger King risponde con undici piatti
a novantanove centesimi.
Sarebbe sbagliato dedurre che le
strategie pubblicitarie degli Slow Food siano migliori di quelle Fast Food o
viceversa; non dobbiamo dimenticare infatti che ogni marchio sceglie il suo
posizionamento ideale a seconda del target e dei prodotti che intende offrire.
Infine, sta a noi scegliere quale sistema preferire quando, dove e come.
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