lunedì 15 febbraio 2021

Non aspettare Godot: l’attesa e il valore del tempo


 

Vladimir ed Estragon stanno aspettando su una desolata strada di campagna un certo "Signor Godot". Non vi è nulla sulla scena, solo un albero dietro ai due personaggi che indica il passare dei giorni attraverso la caduta delle foglie. Ma Godot non appare mai sulla scena, e nulla si sa sul suo conto. Egli si limita a mandare un ragazzo dai due vagabondi, il quale dirà ai due protagonisti  "Godot oggi non verrà, ma verrà domani".

 

Come nell’opera teatrale “Aspettando Godot”, nella vita, molto spesso, restiamo bloccati ad aspettare qualcosa o qualcuno procrastinando le nostre decisioni, immaginando vari scenari, ipotizzando alternative.  Intanto, il tempo scorre senza renderci realmente conto di quanto sia prezioso, mentre l’attesa, a sua volta, viene privata della sua reale bellezza.

Si aspetta “Godot” quando si hanno delle aspettative su ciò che è esterno a noi o quando si ha difficoltà a “lasciar andare”o a prendere decisioni. Più aspettative abbiamo su ciò che potrebbe cambiare, su ciò che l’altro potrebbe fare,  più restiamo inchiodati nell’attesa; il focus della nostra attenzione si sposta da noi (da ciò che vorremmo e meriteremmo) all’altro, a ciò che potrebbe fare, a ciò che potrebbe concederci.

Senza accorgercene, diventiamo spettatori di un lungo spettacolo dal finale deludente,  giungendo infine all’amara consapevolezza di aver pagato il biglietto ma aspettato invano.

“Dottoressa, perché fa così male lasciar andare? Non riesco a farlo e non voglio farlo…è come se mi  strappassero dei lembi di pelle! Al solo pensiero mi scoppia la testa, mi manca il respiro e mi sento vuoto.”

E allora riempiamo quel vuoto con il ticchettio del tempo che scorre… intanto che aspettiamo Godot! Ci aggrappiamo all’idea di ciò che poteva essere e la mente, come un faro, illumina soprattutto i ricordi belli  mentre gli altri restano in silenzio, dietro le quinte, e la nostalgia diventa protagonista.

Comprendere “quell’antica sensazione di vuoto” potrebbe aiutare a cambiare prospettiva, a non aggrapparsi troppo a qualcosa che non c’è più (o che in alcuni casi non c’è mai stata) e a non attendere più nel dolore.

Lasciar andare consentirebbe di guardare dal palcoscenico della propria vita, di vedere “l’insieme e non il particolare”; ma essa è un’arte che si impara con il tempo e a proprie spese.  Solo così, però, possiamo andare incontro al cambiamento che generalmente si rivela una seconda occasione di vita  a condizione che l’amore per sé stessi rimanga una priorità, che ci sia o meno Godot!