In tutte le stanze di psicoterapia si parla spesso di “Rinascita” per indicare il cambiamento, lento e profondo, del paziente che rifiorisce dopo un lungo periodo di difficoltà.
Potremmo paragonare la rinascita di
ognuno di noi ad un parto al quale si
giunge dopo diversi mesi di attesa.
Come preludio, si avverte uno
stagnante “caos calmo”, a volte caratterizzato da un’estrema confusione sulla
direzione intrapresa, sulle proprie relazioni, altre volte contraddistinto da un profondo dolore che riecheggia
nell'anima e incapace di uscire fuori.
Inizia così la crisi, “inaspettata e
benedetta” e con una gestazione dal decorso soggettivo. Essa ci annuncia che qualcosa di importante è cambiato
e che la nuova direzione seppur complicata è vitale e inevitabile.
E mentre la pancia cresce e diventa
visibile, il cambiamento interno, un po' velato e intermittente, inizia a suscitare sconcerto e dubbi. Il riconoscimento
nell'altro e dell’altro, richiede tempo, il tempo dell’accettazione e dell’integrazione
di ciò che eravamo e di ciò che stiamo diventando.
Guardarsi dentro è come osservare la
propria pancia: ci si guarda ma ancora non ci si riconosce del tutto. Senti
scalciare dentro di te una nuova parte, che forse c’è sempre stata ma che a
momenti è dormiente, assopita o immobilizzata dalla paura, dalle insicurezze,
dalle aspettative.
E poi, quando ti sei quasi abituata a
sentirla dentro di te quanto basta per sentirti diversa e bella così,
all'improvviso inizia il travaglio.
Il travaglio è il momento del lavoro
più faticoso e doloroso ma è anche il momento più bello perché ci si affaccia
al nuovo dove il “possibile” diventa “tangibile”,
dove il desiderio diventa realtà.
Rinascere richiede “Andare incontro al dolore per partorire se
stessi”: solo così sarà possibile (Ri)cominciare
a prendersi cura di sé rispettando i propri bisogni, i propri tempi entrando il relazione con il mondo esterno e
sintonizzandosi con esso.