Siamo
tutti un po’ psicologi! Quante volte abbiamo sentito questa frase? Beh…è vero,
lo siamo tutti un po’, e aggiungerei, alle volte. In alcune occasioni siamo empatici,
predisposti all'ascolto, cerchiamo di essere obiettivi e non giudicanti e facciamo in modo che l’altro
sperimenti la sensazione piacevole di “parlare con noi”. In altre occasioni,
siamo in grado di dialogare con la nostra interiorità e trovare il bandolo
della matassa nelle nostre zone d’ombra, siamo capaci di auto sostenerci e
riattivare le nostre risorse. Praticamente svolgiamo “una piccola parte” del
lavoro dello psicologo, poiché, ognuno di noi ha una certa familiarità con la psicologia
e con “le relazioni di aiuto”.
Pertanto, quando qualcuno mi dice “anche io sono
un po’ psicologo”, rispondo che è normale che sia così, che la psicologia fa
parte di noi anche se non tutti la studiano sui libri.
Può
capitare però, che questa frase susciti una certa irritazione e rammarico,
quando è intenzionata a sminuire il reale e vasto lavoro dello psicologo o, quando
dietro di essa si celano frasi del tipo “Non chiederei mai aiuto ad un'altra
persona perché me la cavo da solo”, oppure “Penso che ricorrere ad uno
psicologo sia segno di debolezza” .
Ognuno
di noi vive situazioni di difficoltà in alcuni momenti della vita e sicuramente,
prima di chiedere aiuto è fondamentale provarci da soli ma di certo,
rivolgersi ad un professionista non toglie né dignità né valore. Resta il fatto
però, che a mio modesto parere, quando lo psicologo si trova in contesti
informali, può concedersi la piacevole sensazione di “planare con leggerezza”
su alcune affermazioni invece di argomentare per far comprendere l’utilità del
proprio lavoro. Perché ad un certo punto, deve pur smettere di fare lo psicologo
e “buttarsi elegantemente la
conversazione alle spalle”!
Se
il suo lavoro consistesse solo nell'ascoltare, nell'annuire o nell'elargire “saggi
consigli”, allora, esisterebbe
già in libreria l’enciclopedia del buon senso per stimolare il “fai da te
psicologico” .
Vorrei
ricordare quindi, che, svolgere un lavoro, qualunque esso sia, presuppone che
dietro alle quinte ci sia un allestimento fatto con il sudore della fronte, con
lo studio e l’applicazione teorica.
Un buon lavoro non è mai improvvisazione ma
è il frutto di competenze acquisite negli anni. Nel caso dello psicologo, c’è
prima la laurea, poi il tirocinio, l’esame di stato, il lavoro retribuito, lo
spazio per il volontariato e l’interminabile e a volte sfibrante lavoro su di
sé.
Seguendo
lo stesso principio, allora posso dire che: nonostante io, familiarizzi con il
cibo dal giorno della mia nascita, mi cimenti in cucina, sperimenti le varie
ricette e le varie cotture, cerchi di curare l’impiattamento, la mise en place,
ciò non mi rende “un pò Gualtiero Marchesi”.